CANESTRO e FALLO - Tanti piccoli Cuccarolo

14.03.2017 19:04

Chiunque sia entrato a Palazzo ieri sera, chiacchierando, in silenzio o pensando ad altro, ha guardato immediatamente il tabellone. Sperava di leggere un nome, ma quel nome non c’è. Ha scosso la testa. Dopo giorni di speranza, la triste certezza: anche contro Trento, niente DJ White. Nelle due gare senza la nostra punta di diamante, il resto della squadra si è compattato ulteriormente per non farlo rimpiangere, ma, al momento, non ci pensiamo: i discorsi fatti nel pre-partita diventano così ottimisti che Leopardi cambierebbe fila. Trento è in gran forma, senza DJ siamo sfavoriti, abbiamo avuto una settimana difficile per acciacchi vari. La palla a due arriva giusto un attimo prima che si tirino in ballo le cavallette e l’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse. Si comincia e i nostri incubi sembrano prendere forma. L’Aquila segna sempre, noi no. Poi iniziamo a segnare anche noi. In un mondo dove si parla spesso di “ignoranza”, Wright fa apprezzare il concetto di “intelligenza”. Quando Washington, da sotto, ci fa salire a quota sei, contro i dodici avversari, ci diciamo che sarebbe bello se loro smettessero di segnare per un attimo. Detto, fatto. Dalla panchina Vitucci e Comazzi chiamano la zona, Deron è il primo che i trentini si ritrovano davanti, poi arrivano gli altri: non si passa. Difendiamo, ripartiamo, segniamo, parzialone: allora bastava solo chiedere. La vita è meravigliosa, anche se non viene data buona la tripla di Washington sulla sirena. Più sei. Nel secondo quarto continuiamo a difendere duro: curiosa l’alternanza applauso per l’ottima difesa e bestemmia fra i denti, perché sul rimbalzo continuano ad arrivare prima loro, ma da tre l’Aquila è il totale opposto di Cremona tre giornate fa. Mentre andiamo avanti con parecchi liberi, il “Ruffini” si accende per una bellissima storia d’amore: Hogue e Wilson si cercano, si trovano e si coricano di mazzate in ogni zona del campo. In questo clima di miele ,tanti cuoricini per Harvey che, a pochi secondi da fine quarto, mette la bomba del più sette, poi Washington recupera palla in difesa, Alibegovic carica la tripla del possibile più dieci in contropiede e il mondo torna un posto bruttissimo, visto che il ferro la sputa, cosa che non fa, dalla parte opposta, con il mai troppo rimpianto Baldi Rossi. Non si interrompe così un’emozione. Più quattro all’intervallo. Si riparte con la tripla di Mazzola che dà il buongiorno, mentre mi chiedo se vederlo in Nazionale sia una pazza idea dettata dal troppo affetto. Difendiamo, soffriamo, teniamo. I falli iniziano a essere un grande problema per il suddetto Mazzola e per Wilson. Grandi problemi, esigono grandi soluzioni: entra Gino Cuccarolo. Gli uomini in grigio decidono di fare entrare in campo anche qualcun altro: il pubblico che, già in partita, diventa definitivamente sesto uomo dopo un tecnico a Harvey e, soprattutto, un antisportivo fischiato proprio a Cuccarolo. Nel conseguente 0/2 su Hogue più possesso sprecato, c’è tanto dell’urlo del “Ruffini” materializzatosi letteralmente in campo. Il quarto si chiude 56-50. Ci interroghiamo se l’ultimo quarto sarà, come sempre, da unità coronarica, ma Wilson la mette da tre. Quando Cuccarolo, qualche istante dopo, porta Torino al massimo vantaggio con un semigancio, giuro di aver sentito una voce urlare “ingravidami”. Di lì a poco, Gino uscirà dal campo accompagnato da una standing ovation a cui risponderà rialzandosi dalla panchina: non sapevo ancora che avesse giocato sotto antidolorifici, altrimenti lo avrei votato subito come presidente del mondo. Trento prova a rientrare, ma l’osso gialloblù è troppo duro e quando Washington approfitta di un regalo avversario per involarsi e schiacciare, facendo esplodere definitivamente Curva Guerrieri e dintorni, in cielo è apparsa anche la Madonna. Abbiamo vinto contro una diretta avversaria, abbiamo vinto senza White, abbiamo vinto da squadra e, per una volta, abbiamo vinto senza rischiare la morte sulla sirena. Non male. Il lunedì sera si chiude in birreria: vista la classifica, e complice qualche media di troppo, nasce l’idea di chiedere una petizione per far terminare adesso la regular season. Siamo in zona playoff e, in più, lo siamo da settimi: eviteremmo Milano al primo turno. Inizio a raccogliere le firme che non si sa mai.

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