Serie A

Quel che non uccide fortifica

21.11.2016 14:45

“Perdere così fa male”. Cosa aggiungere al commento generale che sfonda il muro dei social dei tifosi Auxilium? Che quel che non uccide fortifica e Torino ha giocato alla pari contro Venezia, riuscendo anche a imporre il proprio gioco e il proprio ritmo nei primi 10’ di gioco, quando la difesa gialloblù sembrava impenetrabile e l’attacco veneziano viaggiava a scarto ridotto. In quel momento abbiamo visto nella sua totalità il potenziale gialloblù espresso sul campo: palle recuperate, anticipi di scaltrezza e rapidità, veloci contropiede e, soprattutto, il festival della schiacciata. Wright si è caricato i compagni sulle spalle in avvio, smazzando assist e permettendo alla Fiat di calare il “poker di W”. In contropiede White ha corso come un esterno, concludendo tre volte con affondate spettacolari almeno quanto quelle di Wilson, di cui mi ricordo un tap-in volante a due mani che mi ha fatto letteralmente balzare sulla sedia. Washington merita un capitolo a parte e più avanti lo faremo: non mi ricordo un giocatore così completo e soprattutto così decisivo sulle liste di parquet torinese negli ultimi anni.

FIAT DA CORSA

Peppe Poeta era stato chiaro: “Voglio una squadra da corsa” la sua dichiarazione alla vigilia dell’inizio del campionato, desiderio condiviso con tutti gli amanti di pallacanestro torinese. Il basket fatto di difesa e contropiede è bellissimo, divertente, entusiasmante e produttivo. Il problema più grande, però, è riuscire a tenere il ritmo e l’intensità su livelli elevatissimi per tutta la durata del match. Non è un caso che dopo il parziale di 18-4 con cui i gialloblù hanno ribaltato il punteggio nel primo quarto, Venezia sia ritornata a contatto con relativa facilità, sfruttando la sapienza tattica e la mano calda di Filloy e Viggiano oltre alla supremazia del mix di fisico e tecnica che porta il nome “Peric” sulle spalle. I break e controbreak sono l’essenza della pallacanestro, inutile affermare “eravamo +13 sul 32-19”: a Tracy McGrady sono bastati 35” per realizzare proprio 13 punti. Un caso limite, certamente, un giocatore strepitoso, concordo, ma l’esempio serve a far capire quanto sia volubile il risultato in una partita di basket. Torino è arrivata a giocarsi la partita contro Venezia, sfida che solo due settimane fa era considerata un ostacolo difficilissimo da superare. Onore a Torino, che saprà imparare dagli errori, complimenti a Venezia, che la partita l’ha vinta due volte.

ARBITRI

Pessimi. Poco da aggiungere. Hanno inciso sul risultato? Probabilmente sì. La stoppata di Wilson è stata nettamente fuori tempo massimo, con il pallone in parabola discendente e canestro, quindi, da convalidare. Se guardiamo il video dell’ultima azione (CLICCA QUI) al secondo 30 notiamo un fallo clamoroso subito da Washington: no, tranquilli, non vogliamo analizzare azione per azione e pesare chi abbia subito più o meno torti. Semplicemente evidenziare che ieri sera il “tris di grigi” sceso in campo al PalaRuffini ha sbagliato anche l’elementare. Serata no.

CORRI FORREST, CORRI...

“Se corriamo non ce n’è per nessuno”. Allora perchè non corriamo sempre? Scelta di coach Vitucci? Direi proprio di no. La corsa si “genera”, non si sceglie. Non è un’opzione “flaggabile”, come dicono quelli bravi, bensì il risultato di diversi aspetti. La difesa, gli errori avversari, il quintetto ideale (per correre) in campo. Non si possono vincere le partite “correndo” negli ultimi minuti, quando si decide da che parte penderà l’ago della bilancia. Con il punteggio in equilibrio e i secondi che scorrono inesorabili, il cuore dell’azione offensiva deve essere White, cosa che si è puntualmente verificata ieri. White ha segnato sei punti nel supplementare, tutti quelli di Torino, e ha contribuito a costruire due triple sputate dal ferro che avrebbero cambiato il volto della partita. I finali si possono vincere e si possono perdere: onestamente il roster di Venezia ha ancora qualcosa in più di quello di Torino e nel finale il tutto è affiorato.

WASHINGTON

Dopo Trento non pensavamo potesse crescere ulteriormente. Eppure il Washington visto ieri sera ha lasciato a bocca aperta: 75% da 3 punti, 30 di valutazione, 22 punti e 16 (SEDICI) rimbalzi. Fisiologico un calo nel finale dopo aver corso, difeso come un indemoniato, aiutato i compagni, segnato da tre punti e su schiacciata. Coinvolgente, entusiasmante, un vero fattore: nella corsa valida per l’ipotetico titolo di “preferito dal Ruffini”, il “rosso” è ormai a un passo da White.

IN DEFINITIVA

Fa male, senza dubbio, ma deve lasciare anche sensazioni positive nella mente dei tifosi. Passo dopo passo Torino sta costruendo un’identità e le “facciate” contro il muro servono a far “entrare il mestiere”. Di sicuro dopo la bella vittoria con Trento, conquistare due punti casalinghi con Venezia avrebbe dato un ulteriore sprint alla stagione gialloblù, facendo salire al quinto posto la truppa di Vitucci. Non una partita “fondamentale”, ma una sfida “ricca di significato”: perderla è un segnale, non una sentenza. Da domani si lavorerà con la stessa costanza e intensità per poter gestire meglio le prossime sfide. Lo sport è così, la pallacanestro ancora di più: non bisogna sognare oltre il lecito dopo le vittorie, non si deve gettare via l’acqua sporca con il bambino. Perchè crescerà e da adulto darà grandi soddisfazioni, ne siamo certi.  

Domenico Marchese

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