
Canestro e fallo: “Valdôtaine Jesus”
C’è l’immagine di un tizio che guarda tristemente dalla finestra mentre fuori piove, un tempo usata per meme tipo “Quando è il 2 aprile e lei è ancora incinta” o simili. Ecco, domenica 5 ottobre dopo la partita contro Pistoia ero così. Avevamo ritirato su il match contro un’Estra incerottata, ma mai doma, e una tripla di tabella di Federico Massone ci ha portato più quattro a una trentina di secondi dalla fine. Tornati a più due, Teague veniva mandato in lunetta con ventiquattro secondi da giocare: primo dentro, secondo che balla tre volte sul ferro, il “noooo” del pubblico, gli avversari che ripartono con Knight che ficca una tripla al culmine di una prestazione devastante. Il nostro ultimo possesso non frutta e si va al supplementare dove ci proviamo, per un attimo ci illudiamo, ma alla fine perdiamo una gara che era vinta. Torno a casa con lo guardo fisso nel vuoto. Avremmo potuto essere primi da soli con tre vittorie su tre, dato sicuramente illusorio, ma comunque un bel vedere dopo anni. Invece no, prima sconfitta interna sotto la bandiera del Morettismo e parecchie ferite da leccare.
Il turno infrasettimanale contro la corazzata Verona pare esserci un coperchio sul canestro che ci impedisce di segnare. Detto questo, la zona messa in campo da coach Moretti nella seconda parte di gara ci avrebbe potuto far rientrare se solo fossimo stati più precisi in attacco. Senza drammatizzare, la partita interna contro una Libertas Livorno in salute e reduce da tre vittorie consecutive è già uno snodo importante della stagione per riprendere a correre al “Ruffini”.
La partita è complicata, nel primo quarto nessuno fugge e nel secondo gli amaranto provano ad allungare, ma poi all’improvviso il pubblico presente al Pala Gianni Asti ha un’apparizione. Avvolto di luce Federico Massone mette due triple di fila, cosa rara in questo periodo, che su di noi provocano la stessa reazione del viandante che trova l’acqua nel deserto nel film del signor Burns: abbiamo visto il Gesù dalla Val d’Aosta, le Valdôtaine Jesus.
Fede continua con il suo basket messianico anche nel terzo quarto e Torino prova a prendere il largo portandosi sul più 14 con un canestro di Davide Bruttini festeggiato con un pugnetto gasante da Paolo Moretti in panchina, sintomo di quanto tenesse a questa partita. Ecco, Bruttini. A parte il momento “non ce la faccio troppi ricordi” quando Davide si è incrociato sotto le plance con Tommaso Fantoni e i due centri della promozione 2015 si sono venuti a trovare faccia a faccia, il centro senese ha giocato l’ennesima partita pazzesca di questo avvio. Solo il risultato mi ha impedito di costruirgli un mezzo monumento contro Pistoia, dove ha fatto una serie di cose “che non finiscono sui tabellini” (Madonna quanto mi gaso a scrivere sta cosa) che avevano contribuito a far rimettere il muso avanti a Torino. Contro Livorno il numero nove ha segnato, ha difeso, le ha date, le ha prese, ha catturato rimbalzi, nelle battute finali ha inghiottito un pallone fondamentale mentre gli avversari cercavano in ogni modo di strapparglielo e solo un arbitraggio naïf ha scelto di fischiare una contesa invece di un fallo nonostante mancassero solo le clave sulla schiena (grazie a Dio, o a Massone che tanto è quasi uguale, il possesso alternato ci ha premiato): imprescindibile.
Dopo il timeout sul -14, Livorno comincia a rosicchiare punti, tenta il tutto per tutto, prova la zona e passo dopo passo ci raggiunge. Sul 69-69 abbiamo i flashback del Vietnam con Woodson che sembra riprendere le sembianze del Knight pistoiese, ma in realtà è già preda della stanchezza dovuta al portare sulle spalle l’attacco ospite. La succitata recuperata di Bruttini anticipa di qualche istante quella che sembra la giocata della partita con Massone che riveste tunica e aureola e premia il taglio di Allen con un assist perfetto: schiacciatona per il 75-69. Valentini mette una tripla e poco dopo Teague torna in lunetta: nuovi flashback del Vietnam, ma stavolta è 2/2. Nell’ultimo attacco coach Diana inserisce tutti i tiratori possibili immaginabili, manca solo Traci McGrady, ma non basta: Torino ha vinto.
Nonostante ci sia ancora parecchio da lavorare e qualcuno da recuperare (a Tortù serve tanta fiducia mentale, Schina non è lo Schina che conosciamo, pur dando l’anima come sempre), possiamo sorridere: Torino c’è, piace e si fa amare. Il simbolo più visibile è stato un Massone da ventuno punti per il quale, a breve, potrebbero nascere luoghi di culto in tutto il Piemonte, ma anche il già menzionato Bruttini, il solito, ma comunque sempre stupefacente, Allen e un Teague che ha saputo mettere i punti giusti hanno saputo splendere.
Ps nel frattempo il mai troppo rimpianto coach Banchi ha inserito Massone nella lista “sperimentale”: che il nuovo ct della Nazionale si stia già convertendo al culto del nostro Federico? Vederemo. Nel frattempo, complimenti!
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