Serie A

"Non è finita finché non è finita" Seconda parte

18.03.2016 11:19
(...leggi la prima parte cliccando QUI) GLI ERRORI - Chi non ne fa? Basta osservare la corazzata EA7 Milano per capire che gli errori sono il pane quotidiano anche nel curriculum dei migliori. Il problema, dunque, non è l’errore, quanto l’essere poco lungimiranti, attaccati esclusivamente al risultato. Dopo la sconfitta con Pistoia al PalaRuffini, scrissi un articolo al vetriolo, sottolineando che per fermare la Manital, dopo la vittoria con Milano, era bastata una squadra con una buona organizzazione di gioco. Il campo ha dato ragione, Torino ha perso, malamente, le partite decisive della stagione. Non possiamo dimenticare, come è normale che sia, il fattaccio che ha coinvolto Dyson e Miller e che ha avuto un impatto terribile sulla stagione, segnando probabilmente il punto più basso della stessa. Nessun provvedimento è stato preso, Miller è stato coinvolto in una rissa alle 5 di mattina in una giornata che si sarebbe dovuta concludere con l’allenamento (anche se il buon Ian stava ancora concludendo la giornata precedente!!), ha inventato la scusa delle cozze, non ha soccorso un amico con un trauma cranico. Nonostante ciò non è stato messo alla porta (sorvolando sugli aspetti tecnici). É notizia di ieri il taglio dell’esterno statunitense, trasferitosi a Verona in A2 (trasferimento annunciato, guarda caso, dal giocatore su Twitter, compiendo un altro gesto di insubordinazione): la Manital ha di fatto rescisso il contratto con giusta causa, vista l’ultima “performance comportamentale” di Miller. Meglio tardi che mai, sperando che non sia troppo tardi. COSA SERVE ORA - Dignità. Da parte della società e della piazza torinese. Retrocedere fa parte del ciclo della vita. Immaginate le squadre coinvolte nella lotta retrocessione: Pesaro, Varese, Caserta, Bologna e Capo d’Orlando. Ventotto scudetti complessivi, piazze storiche per altro già retrocesse nella loro storia (naturalmente escludiamo dal conto scudetti i siciliani) che dalle retrocessioni sono tornati, rinati, uscendo rafforzati per quanto possibile. Questo è l’esame di maturità per la pallacanestro torinese: giocatori, staff, dirigenti, tifosi, appassionati. Voltare le spalle adesso al nostro basket sarebbe un gesto ignobile. Possiamo essere contenti della stagione? Direi di no. E della struttura societaria? Direi meno. Della resa in campo dei giocatori? Eviterei. Eppure basterebbe una semplice vittoria, contro Trento, per tornare in parte padroni del nostro destino. Le avversarie sono consapevoli del momento torinese, ma lo sono altrettanto del potenziale di Torino: un insieme di giocatori non è necessariamente una squadra, ma può vincere delle partite sfruttando il talento e la voglia di rivalsa. É una follia pensare che per salvarsi si debba vincere in casa con Pesaro e in trasferta con Bologna? Non sarebbe stata comunque condizione necessaria per la Manital in caso di vittoria a Capo d’Orlando? Ciò che ha tolto le speranze a parte di tifosi, e paradossalmente alla società che ha anticipatamente chiesto “scusa” non si sa per cosa, è stato il modo con cui si sono perse le partite. Servono cinque vittorie su sette partite: alzi la mano chi ha pensato mai nella vita che per ottenere risultati non servano sforzi e sacrifici. Basta piangersi addosso! Quando anche le speranze saranno esaurite e la matematica avrà emesso la sua sentenza, allora ci metteremo l’anima in pace. IL PASSATO - Non la volete considerare Auxilium? Nessun problema, neanche io la considero tale. Non mi vergogno a dirlo, un adesivo su una maglia non è un’anima. Questo è il mio punto di vista che difendo a spada tratta, partendo comunque dal rispetto delle opinioni altrui. Tanti altri la ritengono Auxilium ma non mi sento di fare una crociata contro chi la pensa diversamente da me: la libertà di pensiero è intoccabile, ciò che conta è l’amore per la pallacanestro. Si chiamasse Crocetta, Kolbe, PMS, San Paolo Basket o Basket in Progress mi comporterei nello stesso identico modo. La domenica al palazzetto, la serie A in campo, l’adrenalina, la passione, le vittorie e le sconfitte, il ruggito del Ruffini: impossibile farne a meno. Quello che onestamente non capisco è il continuo, stucchevole, inutile riferimento ad oltranza al passato: Sacchetti dovrebbe allenare perché è un ex Auxilium, Vidili e Abbio dovrebbero fare gli assistenti, Caglieris il direttore generale. Riuscite a spiegarmi, di grazia, perché? Per quale oscuro motivo un ex deve per forza essere l’uomo giusto al momento giusto? Sacchetti è un grande allenatore? Può essere. Bene, provi la società ad ingaggiarlo non in quanto ex Auxilium, ma in quanto grande allenatore. Su Vidili e Abbio non mi sbilancio, sono due ottime persone ma non li conosco dal punto di vista tecnico, non so come lavorino in palestra: ma il pensiero espresso per Sacchetti può essere esteso anche a loro, mantenendo la grande stima che ho nei loro confronti. Certo che se poi si assegna l’abbonamento numero 2 a Dino Meneghin, allora ci sarebbe davvero bisogno di un ripasso di storia: anzi, più che un ripasso, servirebbe un corso intensivo. Era tutto meglio una volta, le fragole sapevano di fragole, l’aria era respirabile, la lira rendeva tutti ricchi e l’Auxilium era bellissima. [ironia mode ON] Oltre 12000 persone ogni domenica al palazzetto, risultati splendidi, mai una retrocessione, nessun problema economico, nessuna contestazione.[ironia mode OFF] Basta. Pensiamo al presente, perché girandoci troppo spesso indietro non riusciamo a vedere cosa succede davanti a noi! PERCHE’ CI CREDO - Perché questi ragazzi mi hanno stupito anche lo scorso anno. Perché sono uomini veri e sapranno rialzarsi, o quantomeno ci proveranno. Perché Dyson sta tornando Dyson e White è una certezza. Perché Goulding non può essere questo, altrimenti bisognerebbe chiedere i danni a chi l’ha firmato. Perché Ebi è un pazzo, nel senso buono del termine, e potrebbe regalare sorprese. Perché Giachetti e Fantoni non molleranno mai. Perché Mancinelli è in crescita e Rosselli è una roccia. Soprattutto perché noi torinesi non volteremo mai le spalle alla nostra squadra. Non scaricheremo mai la colpa sulle loro prestazioni, ma li sosterremo fino alla fine e solo alla fine si faranno i conti. Perché mollare proprio adesso?
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